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WOM: facciamo il punto della situazione

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Abbiamo scambiato due chiacchiere con Massimo Duronio, il fondatore di Worldwide Open Music, per fare il punto della situazione.

Vogliamo capire quali sono le prospettive e i possibili sviluppi di questa iniziativa.

Come è nata l’idea di Worldwide Open Music?

Nel settembre del 1983 un tale Richard Stallman diede vita al “Progetto GNU”, per creare un sistema operativo composto interamente da software libero.

Oggi tutti riconoscono in Linux l’unica valida alternativa a MacOS e Windows, e in Android l’unico competitor di iOS.

Ma Linux non è altro che il kernel del sistema operativo GNU, e Android non è altro che una distribuzione “embedded” di Linux.

Senza la caparbia di Stallman, l’informatica sarebbe dominata da un’élite di monopolisti in grado di governare il mondo.

A chi volesse approfondire l’argomento, suggerirei di dare un’occhiata al sito Internet www.gnu.org e leggere la biografia di Richard Stallman “Codice libero (free as in freedom)”, magistralmente raccontata da Sam Williams.

Ok, ma stai parlando di informatica, non di musica …

GNU-Linux ha consentito lo sviluppo di un’enorme quantità di software libero.

Lo stesso world wide web è un sistema basato su software libero.

Questo concetto di libertà si è esteso rapidamente a tutte le attività scientifiche, creative e intellettuali, specialmente se implicano l’uso di sistemi informatici.

Tutti consultano Wikipedia, molti scaricano e-book da Liber Liber, spartiti da Cantorion, immagini e filmati da Pixabay, musica da Free Music Archive o da oTunes.

L’informatica ha cambiato le carte in tavola in tutti i giochi dell’economia, dalla produzione al consumo.

In ambito strettamente musicale, l’informatica ha cambiato il modo di comporre, diffondere e ascoltare musica.

L’evoluzione tecnologica ha portato grandi benefici, ma ha messo in crisi il mercato della musica.

Nel 1882 New York venne illuminata per la prima volta dalle lampadine a incandescenza brevettate da Thomas Alva Edison.

Probabilmente, i produttori di candele mossero le stesse critiche allo sviluppo dell’illuminotecnica.

Eppure oggi siamo tutti felici di non aver bisogno di candele neppure quando va via la corrente.

L’evoluzione tecnologica non è un atto, è una conseguenza.

Ecco perché è inarrestabile.

Ai tempi in cui la musica andava a 45 e 33 giri, le case discografiche accumulavano profitti iperbolici che solo in minima parte reinvestivano in sperimentazione: le major prosperavano, il pubblico era soddisfatto e, ogni tanto, ci scappava anche un Jimi Hendrix, un Fabrizio De André o un Sid Vicious.

Poi il pubblico volle portare con sé la musica anche in automobile o a passeggio.

Le case discografiche si rallegrarono del maggior numero di consumatori e dei conseguenti maggiori profitti.

Ma quando divenne semplice ed economico ottenere un clone di qualsiasi originale, le case discografiche non cambiarono le politiche di prezzo e di prodotto.

Anzi, diedero la caccia ai pirati e ottennero l’imposizione della gabella del copyright sui supporti vergini.

Quest’ultima genialata non fece altro che accelerare la diffusione dell’mp3 e il definitivo abbandono di vinili, musicassette, CD e DVD.

È corretto affermare che la crisi del mercato discografico è stata causata dall’evoluzione tecnologica?

In ogni caso, gli osservatori più attenti sostengono che oggi sarebbe molto difficile affermarsi anche per Jimi Hendrix, Fabrizio De André e Sid Vicious.

Le case discografiche non sono istituti di beneficenza.

Come tutte le altre imprese, devono minimizzare i rischi e massimizzare i profitti.

È facile intuire il loro modo di ragionare: «Non comprano candele? Vorrà dire che venderemo lampadine».

D’altro canto, noi continuiamo ad avere bisogno di luce e, allo stesso modo, continuiamo ad avere bisogno di musica.

Solo che le prospettive di questo nuovo scenario sono ancora incerte, e le possibili evoluzioni sono imprevedibili.

Di conseguenza, per andare sul sicuro, le major preferiscono assecondare le richieste del pubblico piuttosto che anticiparle.

Mi viene in mente una celebre battuta di Henry Ford, tra le preferite di Steve Jobs.

«Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce».

In altre parole, se ci si affida alle richieste del pubblico, si finisce col vendere sempre le stesse cose, fino a non vendere più nulla.

Ecco perché Jimi, Fabrizio e Sid non avrebbero oggi nessuna possibilità di emergere.

Ma c’è un aspetto ancora più dolente della questione.

La “prudenza” delle case discografiche sta influenzando il modo con cui i giovani approcciano alla musica.

«Che bisogno ho di osare se comunque non avrò sbocco?»

Questo è il motivo per cui si sta diffondendo una gelatinosa uniformità in tutti gli ambiti musicali (e non solo musicali).

WOM vuole proporre una chiave di lettura nuova, libera da logiche di mercato, per restituire alla musica la libertà di esprimersi.

WOM ha un obiettivo ambizioso. In che modo pensa di raggiungerlo?

Se WOM non avesse un obiettivo ambizioso, non avrebbe ragione di esistere.

In questa fase, WOM sta pubblicando i miei lavori, i miei articoli e anche questa chiacchierata, solo per illustrare le sue potenzialità.

Voglio riferirvi un aneddoto.

Con l’aiuto di un paio di amici abbiamo creato su Facebook il gruppo WOMband.

Nelle prime 48 ore avevamo già totalizzato oltre 100 iscritti.

Se WOMband non avesse avuto un obiettivo molto più ambizioso, avremmo capitalizzato i “Like” e avremmo puntato ad aumentare le visualizzazioni dei videoclip.

Ma non nutro particolare interesse per i “Like” e non amo la popolarità sui social.

Il web straripa di contenuti musicali (e non solo musicali), anche copyleft e di ottima fattura, e non ha bisogno di WOM per aumentare l’offerta.

Per rendere l’idea, suggerirei di fare un giro su Free Music Archive, Free Soundtrack Music, CC Mixter, Public Domain 4 U, Beatpick, Freeplay Music, Partners In Rhyme, Incompetech, oppure di googlare “siti musica copyleft”.

Così, prima che WOMband finisse per incanalarsi in un solco arido, ho azzerato tutto e ho ricominciato da capo.

In che modo WOM vuole raggiungere il suo obiettivo?

Mettendo al centro la musica.

In sintesi, il concetto è questo: anziché formare una band che interpreti 1.000 canzoni, WOM vuole scrivere una canzone che sia interpretata da 1.000 band.

Chiunque volesse proporre un brano o anche un semplice spunto (uno spartito, un testo, un’intera opera) può metterlo a disposizione della comunità di WOM.

Dopodiché, le regole sono semplici.

Tutti possono utilizzare i contenuti di WOM, nel rispetto delle condizioni stabilite dalla Open Audio License 1.0 oppure da una equivalente licenza Creative Commons.

Dunque, cosa è WOM esattamente?

WOM è una comunità di artisti che vogliono collaborare per creare e diffondere musica nuova e libera.

Collaborare significa mettere a disposizione della comunità di WOM spartiti, testi, spunti di riflessione o intere opere.

Creare significa utilizzare gli spartiti, i testi, gli spunti di riflessione o le opere intere, per integrarle, arrangiarle o interpretarle secondo il proprio gusto musicale.

Diffondere significa utilizzare la musica di WOM nelle performance dal vivo, nel teatro, nel cinema, nella televisione, nella radio, nella pubblicità.

Libera significa senza restrizioni di copyright, nel rispetto delle condizioni stabilite dalla Open Audio License 1.0 oppure da una equivalente licenza Creative Commons.

Parafrasando, potremmo dire che se il copyleft è il sistema operativo, WOM è il kernel.

Capirete bene che per fare di questi due elementi un computer c’è bisogno della partecipazione di molte professionalità realmente interessate al progetto.

WOM ha bisogno di musicisti, parolieri, radiofonici, operatori nel campo della musica, del teatro e della televisione, di pubblicisti, informatici.

Più in generale, WOM ha bisogno di tutte le persone che vogliono creare e diffondere musica nuova e libera.

Questa sembra essere la parte più difficile …

Lo è, decisamente.

Milioni di persone usano Firefox, VLC, 7-Zip, OpenOffice, LibreOfficeMuseScore, ma solo una piccola parte partecipa attivamente al loro sviluppo.

Generalmente, le persone non sono disposte a spendersi in attività che non garantiscono guadagni certi e immediati.

I musicisti, poi, sono molto gelosi delle loro composizioni, anche se le pubblicano sui social e confondono i “Like” con il giudizio del pubblico.

WOM registra mensilmente 10-15 nuove visualizzazioni, tra pagina Web, Facebook, Instagram, iTunes e YouTube.

Sembrano numeri risibili.

Ma, se considerate che l’intero sistema è gestito da un manipolo di WOMbanders che vi dedicano il loro scarso tempo libero, capirete che il grado di interesse suscitato è invece enorme.

È naturale che le persone siano diffidenti, ma noi siamo professionisti, musicisti, appassionati della musica, non imbonitori.

Quindi, siamo pronti ad accogliere chi bussa alla nostra porta, ma senza invito.

Un’ultima domanda. Ma chi ve lo fa fare?

Il progresso.